Necessità di una sentenza di condanna per poter esperire il giudizio di ottemperanza

Il Sole 24 Ore – 2003

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sezione XXXIV, presidente estensore Quatraro, con sentenza n. 80/34/03 depositata il 18 luglio 2003, ha affermato l’importante principio secondo cui non può essere attivato il giudizio di ottemperanza previsto dall’art. 70, D.Lgs. 546/1992, nel caso in cui la sentenza di cui si chiede l’adempimento abbia soltanto “accertato” il credito del ricorrente nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria e non anche “condannato” la stessa Amministrazione Finanziaria al rimborso del credito. Nel caso di specie, infatti, la Ctp di Milano, sezione XXXIV, con sentenza n. 12/34/02 depositata il 4 marzo 2002, notificata alla controparte e passata in giudicato, in conformità della domanda allora formulata dal ricorrente, stante l’impossibilità di pronunciarsi ultra petita, aveva accertato in accoglimento del ricorso che il credito complessivo residuo del ricorrente nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria fosse pari a lire 969.643.304, oltre interessi maturati e condannato l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio. Nel ricorso di primo grado il ricorrente aveva omesso di richiedere la condanna dell’ufficio al rimborso del credito d’imposta, chiedendo soltanto l’accertamento del predetto credito e la condanna dell’Ufficio al rimborso delle spese processuali. In sede di giudizio di ottemperanza la commissione tributaria ha ritenuto di poter accogliere la domanda del ricorrente solo limitatamente al rimborso delle spese di giudizio, spese per le quali il ricorrente aveva chiesto ed ottenuto con la sentenza del 4 marzo 2002, la condanna al rimborso; mentre ha ritenuto di non poter ammettere tale giudizio in relazione al rimborso del credito dell’amministrazione finanziaria stante che l’Ufficio, non avendo subito alcuna condanna al rimborso, potrebbe soddisfare ancora detto credito nei termini di legge o, in difetto, su iniziativa del ricorrente, che, però, dovrà attivare la procedura per la richiesta di rimborso delle somme versate, attendere il provvedimento di diniego o la formazione del silenzio-dissenso e quindi produrre nuovo ricorso alla commissione tributaria provinciale ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. g) del D. Lgs. 546/1992.
In definitiva si deve ritenere che per poter attivare il giudizio di ottemperanza debbano essere manifestate due condizioni principali:
a) il passaggio in giudicato della sentenza di cui si chiede l’esecuzione;
b) la presenza di una sentenza di condanna al pagamento delle somme.
In merito alla presenza di una sentenza di condanna al pagamento delle somme, si rileva che nel giudizio di ottemperanza ex art. 70 D.Lgs. 546/1992, possono dimostrarsi inefficaci o parzialmente efficaci le sentenze che si limitano ad “annullare l’accertamento dell’ufficio” o ad “accogliere il ricorso del contribuente” senza recare una espressa condanna, per esempio, al rimborso del credito del ricorrente. Parimenti possono non ottenere la tutela prevista dal giudizio di ottemperanza tutte quelle sentenze in cui risulta esplicitato il diritto del ricorrente, ma non risulta esplicitata la determinazione quantitativa dello stesso diritto, in questi casi potrebbe essere necessario, come nel caso esaminato dalla sezione XXXIV con sentenza del 18 luglio 2003, un ulteriore giudizio di fronte alla commissione tributaria al fine di ottenere un pronunciamento circa la misura del credito del ricorrente. L’articolo 474 del codice di procedura civile prevede infatti in tema di esecuzione forzata che la stessa deve aver luogo in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile; non è quindi possibile che l’accertamento del quantum del credito debba avvenire nell’esecuzione forzata, così come nel giudizio di ottemperanza, sulla base di elementi non presenti nella sentenza di cui si richiede l’esecuzione. In tema infine di rapporto tra giudizio di ottemperanza ed esecuzione forzata ex art. 474 e seguenti del c.p.c., la commissione tributaria ha ribadito l’importante principio secondo cui i due procedimenti possono essere esperiti in via concorrente ed alternativa o cumulativamente ed integrativamente fermo ovviamente il limite del pieno conseguimento satisfattivo, nell’una o nell’altra via, della pretesa creditoria, che determina l’immediata cessazione di qualsivoglia alternativa o cumulo.

Christian Dominici