Non paga l’Irap il giovane dottore commercialista

Il Sole 24 Ore – 2004

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione 40, con la sentenza n. 1/40/04 depositata l’undici ottobre 2004 ha ritenuto esclusa dall’imposizione Irap l’attività di un giovane dottore commercialista esercitata senza l’ausilio di dipendenti o collaboratori e con l’utilizzo di poche attrezzature d’ufficio (computer, fax stampanti, ecc.).
In particolare la Commissione Tributaria Regionale Lombarda ha ritenuto di non poter accogliere la tesi dell’Ufficio che aveva sostenuto nell’atto introduttivo del giudizio di appello che le uniche attività professionali escluse dal campo di applicazione dell’imposta, e quindi veramente carenti del requisito dell’organizzazione, sono le collaborazioni coordinate e continuative (oggi collaborazioni a progetto), nonché le prestazioni di lavoro autonomo occasionale o comunque non abituale.
Parimenti disatteso è stato il contenuto della risoluzione ministeriale n. 32/E del 31 gennaio 2002, con la quale l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto l’esistenza pur minima del requisito dell’organizzazione, e quindi l’assoggettamento ad Irap, addirittura in relazione ad un contribuente che esercitava l’attività professionale di consulenza contabile e fiscale nella propria abitazione, senza l’impiego né di dipendenti o di collaboratori, né di beni strumentali.
Nel caso oggetto della sentenza in commento, invece, la Commissione ha ritenuto non sussistente il requisito dell’organizzazione e quindi l’assoggettamento ad Irap in relazione ad un giovane professionista, iscritto all’albo dei dottori commercialisti, che esercita la propria attività senza ausilio di dipendenti o di collaboratori, ma che, comunque, dispone di beni strumentali e provvede annualmente alla deduzione di costi legati all’attività professionale (ammortamenti, spese per immobili, spese per rappresentanza) poiché, comunque, le “spese relative alla formazione dello studio ed all’acquisto degli strumenti che lo sviluppo tecnologico mette a disposizione della collettività (computer, fax, stampanti) e, quindi, anche del professionista per facilitare ed ampliare in modo sempre più rilevante l’attività di quest’ultimo continuano a far permanere l’attività svolta pur sempre quale attività personale e non organizzata” (Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sezione 13, sentenza 64/13/2003 del 10 marzo 2003 pronunciata in relazione all’impugnazione del silenzio rifiuto rimborso imposta Irap dello stesso dottore commercialista).
La sentenza in argomento, simile a tante altre che quotidianamente sono ormai pronunciate dalle commissioni tributarie provinciali e regionali di tutta Italia, deve essere l’occasione, anche in vista della completa “riorganizzazione” dell’Irap prevista nella Legge Finanziaria, per stabilire i limiti di applicabilità di questa imposta con riferimento ai piccoli studi professionali.
La problematica già sollevata più volte dalla stampa specializzata (Il Sole 24 Ore del 29 giugno 2004) è imperniata sulla necessità di garantire maggiore equità all’imposta Irap e anche di evitare il continuo dispendio di costi per la difesa avanti le commissioni tributarie e la stessa Corte di Cassazione ormai quotidianamente sopportati dall’Agenzia delle Entrate e finalizzati ad una mera dilazione dei tempi di rimborso dell’imposta riscossa a fronte di esigue possibilità di vittoria.
L’auspicabile soluzione legislativa del problema con riferimento ai piccoli studi professionali, potrà essere incardinata su due alternative: la fissazione di una alta soglia di non imponibilità per il reddito prodotto da tale categoria di contribuenti, o la definizione legislativa dei requisiti organizzativi (numero di dipendenti/collaboratori e/o ammontare degli altri fattori produttivi impiegati nell’attività) che devono far scattare o meno l’applicazione dell’imposta.

Christian Dominici