Il Sole 24 Ore- 2006
La Direzione Centrale Normativa e Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate, in risposta a istanza di interpello presentata, ai sensi dell’art. 11 legge 27 luglio 2000 n. 212, da una società specializzata nell’acquisto di crediti da procedure concorsuali – La Colombo Finanziaria – ha sancito le modalità attraverso cui sia possibile cedere il credito per ritenute su interessi attivi maturato nel corso del fallimento. L’Amministrazione Finanziaria, con risposta del 19 ottobre u.s., ha ritenuto che il contratto definitivo di cessione del credito tributario debba sempre essere effettuato dopo la data di presentazione della dichiarazione da cui scaturisce il credito, e che ogni atto che abbia ad oggetto la cessione di un credito tributario futuro, non ancora esposto in dichiarazione, possa spiegare effetti obbligatori esclusivamente tra le parti. Infatti, in tema di imposte dirette, il credito derivante dalle ritenute d’acconto operate sugli interessi attivi maturati sui conti correnti e sui depositi bancari o postali intestati alle procedure concorsuali diviene certo e conosciuto dall’Amministrazione Finanziaria soltanto al momento della sua esposizione nella dichiarazione finale dei redditi della procedura, anche in considerazione del fatto che il vigente sistema tributario prevede il meccanismo dello scomputo, disciplinato dagli articoli 22 e 79, D.P.R. 917/1986, secondo cui le ritenute a titolo di acconto subite si scomputano nel periodo di imposta nel quale i redditi cui afferiscono concorrono a formare il reddito complessivo.
Come noto, avvenuta la dichiarazione di fallimento di una società, si apre un periodo di imposta di durata pluriennale che si conclude con la chiusura della procedura. Intervenuto il decreto di chiusura della procedura fallimentare, il curatore è legittimato a presentare entro il decimo mese successivo, ai sensi dell’art. 5, comma 4, D.P.R. 322/1998 la dichiarazione dei redditi dell’intero periodo concorsuale. In tale dichiarazione redatta ai sensi dell’art. 183, D.P.R. 917/1986, se la procedura non ha realizzato alcun residuo attivo imponibile, il curatore evidenzierà il credito finale derivante dalle ritenute subite sugli interessi attivi maturati sul conto corrente della procedura.
Gli ammontari esposti possono essere rilevanti, anche nell’ordine di alcuni milioni di euro, considerato che molte procedure fallimentari di importanti aziende industriali si sono aperte nel corso degli anni settanta, sono ad oggi in fase di chiusura, ed hanno maturato elevati interessi sui depositi bancari per oltre un ventennio.
Stante che il credito per ritenute si evidenzia sempre nella dichiarazione dei redditi presentata successivamente al decreto di chiusura della procedura fallimentare previsto ai sensi dell’art. 119 l.f., non è mai possibile per la curatela procedere all’incasso di detto credito tributario che può invece essere ceduto a terzi prima della chiusura della stessa procedura concorsuale.
Si deve ritenere, anche alla luce delle disposizioni dettate dalla Direzione Centrale Normativa e Contenzioso con l’interpello in commento, che, nel caso in cui la curatela intenda cedere a società finanziarie il predetto credito tributario dovrà operare secondo l’iter seguente:
a) stipulare un contratto preliminare di cessione, valido esclusivamente a fini civilistici tra le parti, con il soggetto cessionario e ottenere l’autorizzazione del Giudice Delegato della procedura a stipulare, avvenuta la presentazione della dichiarazione finale dei redditi e quindi dopo la chiusura della procedura concorsuale, il contratto definitivo di cessione che sarà notificato nei termini di legge all’Amministrazione Finanziaria.
La corretta soluzione interpretativa proposta dalla Direzione Centrale Normativa e Contenzioso innova la precedente posizione dell’Amministrazione Finanziaria che nella circolare ministeriale n. 26 del 22 marzo 2002, pareva rendere impossibile per il fallimento la cessione del credito per ritenute, facendo permanere tale credito nella disponibilità del fallito tornato in bonis, nei confronti del quale i creditori avrebbero poi potuto intentare un’azione civile di recupero del credito.
Christian Dominici