Attestazione dei crediti tributari: problematiche tuttora aperte

Con la circolare n. 9/2004 (Il Sole 24 Ore del 4 marzo 2004), l’Agenzia delle Entrate ha fornito le prime indicazioni circa le modalità di emissione della certificazione dei crediti tributari prevista dall’articolo 10 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, in vigore dal 2 ottobre 2003, convertito con modificazioni ad opera dell’articolo 1 della Legge 24 novembre 2003, n. 326.
Permangono, in relazione alle istruzioni emanate, alcune perplessità per gli operatori.
Innanzitutto la circolare 9/2004 esemplifica l’attestazione da emanarsi a cura degli Uffici locali dell’Agenzia delle Entrate con riferimento al solo caso in cui gli stessi Uffici abbiano già provveduto ad emettere gli ordinativi di pagamento per il rimborso del credito del contribuente.
Questa fattispecie rappresenta solo una percentuale limitata della globalità dei rapporti in cui il contribuente possa invece vantare un credito nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria.
La circolare non ha poi chiarito in quali termini debba essere emessa la citata attestazione dei crediti tributari in tutti i casi in cui lo stesso contribuente sia da un lato titolare di un diritto di credito riconosciuto liquido ed esigibile ai sensi dell’art. 10, D.L. 269/2003, ma sia anche contestualmente debitore nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria, ad esempio per importi dovuti a seguito dell’emissione di cartelle esattoriali divenute definitive per mancata impugnazione. E’ infatti chiaro che in questi casi non sussiste di fatto alcuna esigibilità dei crediti tributari del contribuente, poiché l’Amministrazione non provvede ai rimborsi di imposta nel caso di contestuale esistenza di debiti tributari.
La circolare non ha chiarito né la necessità di evidenziare gli eventuali carichi pendenti del contribuente nell’ambito dell’attestazione ex art. 10), né ha fornito soluzioni circa la possibilità che i crediti accertati ex art. 10) possano essere compensati dal contribuente con i debiti d’imposta divenuti definitivi.
Il principio della compensazione dei crediti e debiti tributari è stato reso effettivo nell’ordinamento tributario sia dall’articolo 8 dello Statuto del Contribuente (legge n. 212 del 2000), sia dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Ai sensi dell’articolo 1243 del codice civile “la compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili.”
Stante che il diritto di credito dell’Amministrazione Finanziaria è diritto indisponibile, e che quindi nei casi in esame può operare soltanto la compensazione legale e non la compensazione volontaria, parrebbe, dalla lettura della circolare 9/2004, che un debito del contribuente divenuto definitivo per effetto di un atto impositivo dell’Amministrazione, non possa essere compensato con un credito di cui la stessa Amministrazione ha fornito attestazione ex art. 10, D.L. 269/2003. Quest’ultimo credito manca, infatti, dei requisiti di esigibilità richiesti dall’art. 1243 codice civile per operare la compensazione. Tale conclusione appare però incoerente con le finalità che il legislatore ha voluto probabilmente conseguire con la norma di legge in commento. Infatti, seppure la certificazione ex art. 10 non possa essere utilizzata, per espressa previsione di legge, nel processo esecutivo, il riconoscimento dell’esistenza e dell’insindacabilità del credito da parte dell’Amministrazione Finanziaria, lascia all’Amministrazione soltanto la possibilità di “decidere” il momento del rimborso del credito che è ormai certo a tutti gli effetti.
La certificazione rilasciata ai sensi dell’art. 10, D.L. 269/2003, dovrebbe comunque avere effetti importanti nell’ambito delle procedure fallimentari, spesso rallentate a causa della difficoltà per la procedura ad incassare i crediti tributari, per le quali potrebbe invece aprirsi a pieno titolo la possibilità di compensare crediti e debiti tributari precedenti al fallimento. Infatti le più recenti sentenze della Suprema Corte, hanno sancito che l’articolo 56 della legge fallimentare costituisce una parziale deroga all’art. 1243 del codice civile, ritenendo che è condizione per la compensabilità dei rapporti creditori e debitori, l’anteriorità al fallimento dei predetti rapporti e che non rileva invece la scadenza (e quindi l’esigibilità) alla data del fallimento del credito del fallito (Cassazione, sezione I civile, sentenza n. 8042 del 22 maggio 2003).

Christian Dominici