Il Sole 24 Ore-2006
Con Decreto n. 8698 del 13 luglio 2006, in sede di giudizio di omologazione di un concordato preventivo, il Tribunale di Milano, Presidente Bartolomeo Quatraro, ha fissato importanti principi di riferimento in merito alla limitazione dei poteri di controllo del Tribunale nel giudizio di omologazione, così come modificato per effetto del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.
I principi assunti dal Tribunale di Milano sono i seguenti:
a) Nel caso in cui nel piano concordatario manchi la suddivisione dei creditori in classi, è inibita al Tribunale ogni valutazione di “convenienza” del medesimo piano nei confronti del ceto creditorio, infatti tale valutazione è espressamente prevista dall’art. 177 della legge fallimentare soltanto nel caso in cui, pur in presenza di voto dissenziente di una o più classi di creditori, il Tribunale valuti che tali creditori dissenzienti possano risultare soddisfatti dalla procedura concordataria in misura non inferiore rispetto alle altre alternative concretamente praticabili.
b) Nel caso in cui non vengano proposte opposizioni da parte di creditori dissenzienti o da parte di qualunque altro soggetto interessato, né vengano proposte eccezioni processuali o di merito da parte del commissario giudiziale, che abbia espresso parere favorevole in merito alla fattibilità del piano, i poteri del Tribunale dovranno essere limitati alla verifica del raggiungimento o meno della maggioranza di cui al primo comma dell’art. 177 della legge fallimentare, come unica condizione per omologare o meno il concordato.
Di conseguenza, si deve ritenere che il controllo del Tribunale sia di mera legittimità e quindi riguardi soltanto la regolarità della procedura e l’esito della votazione, in tutti i casi in cui il commissario giudiziale abbia espresso parere favorevole circa l’attuabilità del piano di liquidazione, non siano presenti classi di creditori dissenzienti e non siano state proposte opposizioni.
Ricorrendo tali condizioni, quindi, il giudizio di omologazione del concordato preventivo corrisponde esattamente al giudizio di omologazione previsto dal quarto comma dell’art. 129 l.f. per il concordato fallimentare (nella formulazione in vigore dal 16 luglio u.s.), poiché anche in quest’ultimo caso è previsto che “se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni, il Tribunale verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame”.
Le conclusioni cui è giunto il Tribunale di Milano sono pienamente coerenti con la ratio della riforma delle procedure di concordato preventivo e fallimentare e con le modifiche che il legislatore ha attuato all’art. 181 l.f. che richiedeva, nella formulazione previgente il d.l. 35/2005 che il Tribunale verificasse la meritevolezza del debitore e valutasse la convenienza economica del concordato per i creditori in relazione alle attività esistenti ed all’efficienza dell’impresa, condizione, quest’ultima, oggi prevista all’art. 177 l.f. con riferimento al solo caso di voto dissenziente da parte di alcune classi di creditori.
Nel caso in esame il Tribunale ha altresì ritenuto che la valutazione del commissario giudiziale circa la realizzabilità di una percentuale inferiore di soddisfacimento dei creditori chirografari, peraltro condizionata nel suo ammontare minimo e massimo all’esito di un contenzioso in corso, non costituisca causa ostativa all’omologazione della procedura, a condizione che i creditori abbiano espresso voto favorevole, poiché deve ritenersi pacifico che le percentuali di soddisfacimento dei creditori sono “previste”, ma non “garantite” ed il rischio della liquidazione permane a carico dei creditori.
Da ultimo si deve evidenziare che qualora vengano proposte opposizioni all’omologazione del concordato preventivo o il commissario giudiziale esprima parere negativo in relazione all’attuabilità del piano, il controllo del Tribunale dovrà darsi carico della valutazione della fattibilità economica del piano (in caso di parere sfavorevole del commissario giudiziale), o dei singoli motivi di opposizione attuando una valutazione non formale ma sostanziale seppure limitata ai motivi di opposizione proposti e non estensibile alla procedura nella sua interezza. In altre parole se i motivi di opposizione riguardassero meramente la validità delle manifestazioni di voto, il Tribunale dovrebbe esaminare nella sostanza tali motivi – anche assumendo tutte le informazioni e prove necessarie così come all’uopo previste, soltanto in caso di opposizioni, dall’art. 180 della l.f. – ma non potrebbe estendere il proprio controllo “ultra petita”, e quindi investire di un ulteriore controllo sostanziale la convenienza economica del piano concordatario non messa in discussione né dal commissario, né dai creditori opponenti.
Christian Dominici