Possibile l’insinuazione del credito d’imposta e la successiva insinuazione delle sanzioni tributarie

Il Sole 24 Ore – 2003

La Corte d’Appello di Milano, sezione IV civile con sentenza n. 2884/2003 depositata il 28 ottobre 2003, si è pronunciata in merito alla possibilità che l’Amministrazione Finanziaria possa chiedere ed ottenere l’ammissione al passivo fallimentare delle sanzioni sui crediti tributari anche nei casi in cui la stessa Amministrazione sia stata già ammessa al passivo per l’importo dell’imposta e degli interessi di cui era stato omesso il versamento.
Nel caso di specie l’Amministrazione, in relazione a crediti tributari sorti prima della dichiarazione di fallimento, aveva chiesto ed ottenuto in via tardiva l’ammissione del credito iva per imposte ed interessi. Successivamente l’Amministrazione aveva agito nei confronti della procedura al fine di veder ammesso l’ulteriore credito tributario per “penalità e sovrattasse relative” (si tratta di penalità e sovrattasse poiché il credito tributario si riferiva all’anno 1991).
Il curatore aveva contestato l’ammissione del nuovo credito ed il Tribunale, con sentenza del 20 marzo 2000, riteneva che tra la prima dichiarazione tardiva di credito e la seconda domanda proposta sussistessero identità di soggetti, di titolo e di oggetto, e che il giudicato endofallimentare formatosi circa l’insinuazione al passivo di imposta ed interessi precludesse la positiva considerazione di ogni ulteriore ricorso che doveva invece dichiararsi inammissibile. E’ infatti principio consolidato di diritto (cfr. Corte di Cassazione, sez. I civile, sentenza n. 13590 del 2/11/2001) che i procedimenti di ammissione tempestiva o tardiva dei crediti nella procedura fallimentare sono altrettante fasi di uno stesso accertamento giurisdizionale, di conseguenza la decisione circa l’ammissione di un credito assume valore di giudicato interno alla procedura e ogni nuovo credito per poter essere insinuato al passivo deve essere diverso quanto al petitum ed alla causa petendi dal credito già fatto valere nella precedente impugnazione. Nel caso di specie la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che il credito tributario per imposte ed interessi ed il credito tributario per “penalità e sovrattasse” (oggi sanzioni), pur se riferiti non solo allo stesso tributo, ma anche al medesimo avviso di pagamento emesso nel corso dell’anno 1997 dall’Amministrazione Finanziaria, devono ritenersi di natura differente.
A nulla rileva l’unicità della fonte dell’obbligazione tributaria visto che il credito per imposte ed interessi è un credito che trae la propria origine dalla possibilità dello Stato di incidere fiscalmente sulle operazioni economiche d’impresa, mentre il credito per penalità e sovrattasse (oggi sanzioni) consegue a irregolarità e violazioni di legge del contribuente in termini di omissioni, ritardi o infedeltà, e concretizza, ai fini dell’insinuazione, novità della relativa pretesa tributaria. La funzione della sanzione amministrativa resta quella affittiva e di stimolo all’osservanza della legge, la sua natura non può essere considerata risarcitoria o meramente accessoria e quindi assimilabile al tributo cui inerisce. Deve ormai ritenersi indirizzo consolidato in giurisprudenza che le pene pecuniarie e le sovrattasse non hanno la stessa natura del tributo, ma hanno quali caratteristiche prevalenti le caratteristiche di sanzionarietà e di afflittività dell’operato del contribuente, mentre la funzione risarcitoria e quindi accessoria deve essere riservata agli interessi sul tributo (cfr. Corte di Cassazione SSUU civili, sentenza n. 5246 del 6 maggio 1993). Né si può obiettare che l’evento generatore del credito per il tributo e per le sanzioni o pene pecuniarie sia il medesimo (ossia l’obbligazione tributaria), poiché l’evento generatore vale solo come antefatto storico dal quale si differenziano poi le differenti fenomenologie giuridiche che, non solo hanno una differente natura propria, ma che in relazione a tale differente natura possono anche avere un diverso trattamento (previsto per legge) nella graduazione dei privilegi.
La novità della pretesa tributaria relativa a sovrattasse e pene pecuniarie (oggi semplicemente sanzioni) giustifica, anche nei casi in cui si sia già formato un giudicato endofallimentare in tema di tributo ed interessi, la formazione di un nuovo giudizio e, se del caso, l’ammissione del relativo credito tributario.

Christian Dominici