Senza equivoci l’”attestazione del credito”

Il sole 24 ore-10/2/2004

Accertamento dei crediti fiscali a Milano le Entrate cambiano rotta. E le attestazioni diventano “chiare”.
L’articolo 10 del Dl 269/2003, in vigore del 2 ottobre 2003, e convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 326/2003, prevede che, su richiesta del contribuente, l’agenzia delle Entrate è autorizzata ad attestare la certezza e la liquidità dei crediti tributari.
Come funziona. La richiesta da inviare all’ufficio locale dell’agenzia competente per territorio può essere rivolta all’accertamento sia dell’intera posizione debitoria e creditoria del contribuente,sia di particolari tipologie di crediti di cui si intenda chiedere l’attestazione.
La richiesta deve essere accompagnata dal versamento, effettuato a modello F23, con l’indicazione del codice dell’ufficio destinatario, della somma di Euro 12,40 (codice tributo 886T-Tributi speciali per servizi resti dal ministero delle Finanze) e della somma di 20,66 Euro (codice tributo 964T) per tributi speciali.
A seguito delle modifiche introdotte in sede di conversione del Dl 269/2003, l’attestazione rilasciata dall’agenzia delle Entrate non è utilizzabile ai fini del processo di esecuzione e del procedimento di ingiunzione e l’agenzia delle Entrate non è tenuta ad attestare l’esigibilità del credito, ma soltanto la “certezza e la liquidità” dello stesso e la “data indicativa di erogazione del rimborso”.
Il “rito milanese”. In questi giorni l’ufficio di Milano 6 dell’agenzia delle Entrate ha emesso i primi certificati per l’attestazione dei crediti tributari vantati dai contribuenti che ne hanno fatto richiesta.
È rilevante notare che l’ufficio sembra avere superato le formulazioni criptiche con le quali in precedenza veniva attestata l’esistenza di eventuali crediti. In particolare, dalle formulazioni utilizzate fin qui dagli uffici, non era mai dato comprendere se i crediti di cui l’ufficio forniva informazioni dovevano considerarsi soltanto vantati dal contribuente o anche effettivamente riconosciuti a debito dall’ufficio stesso.
Diversa e maggiormente rispettosa delle innvoazioni poste dallo statuto del contribuente (legge 212/2000) in tema di rapporti  tra contribuente ed amministrazione, appare invece l’impostazione assunta dall’ufficio milanese nella redazione delle prime attestazioni di crediti tributari in base all’articolo 10 citato, rilasciate in questi giorni.
In particolare, si legge nella certificazione rilasciata che “Viste le risultanze del sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria, si certifica che risultano spettanti i seguenti crediti d’imposta (…)”.
La formulazione utilizzata dall’ufficio di Milano 6 riconosce quindi soltanto genericamente l’esistenza di crediti chiesti a rimborso ma attesta anche la spettanza di detti crediti. In questo modo la certificazione si configura come vero e proprio “atto di riconoscimento di debito” da parte dell’amministrazione (per la conseguenze si veda articolo qui a fianco).
Si rileva infine che nella certificazione resa, nonostante l’espressa pevisione di legge, l’ufficio non ha pero dato alcuna indicazione della data presumibile di erogazione del rimborso.

CONSEGUENZE ANCHE IN SEDE CIVILE

Considerare l’attestazione come un vero e proprio “riconoscimento di debito” apre la porta a effetti di notevole portata. È infatti condivisibile l’orientamento espresso ormai in maniera unanime dalla giurispruidenza della Corte di cassazione (sezioni unite, ordinanza n. 10725 del 22 luglio 2002) secondo cui qualora l’amministrazione finanziaria abbia formalmente riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso delle imposte e la quantificazione della somma dovuta, cosi che non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributaria o il quantum del rimborso, non ricorrono i presupposti di applicabilità della riserva della giurisdizione tributaria, di cui all’articolo 2, Dlgs 31 dicembre 1992, n. 546, con conseguente esperibilità da parte del contribuente dell’ordinaria azione di indebito oggettivo (articolo 2003 del Codice civile) e devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
Si deve ritenere che, sebbene l’attestazione del credito di cui all’articolo 10 del Dl 269/2003 non possa essere utilizzata ai fini del processo esecutivo per espressa previsione di legge, l’attestazione costituisca comunque atto assimilabile al ricnonoscimento di debito che comporta l’assunzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
Diverso sarebbe invece il casio in cui il credito vantato dal contribuente venisse riconosciuto come non spettante: in questo caso permarrebbe la giurisdizione delle commissioni tributarie.

Christian Dominici