Il Sole 24 Ore-30 Luglio 2003
L’iscrizione a un ruolo di un credito tributario e la notifica della cartella esattoriale al curatore fallimentare sono necessari per l’ammissione allo stato passivo del credito stesso. Lo ha ribadito la corte d’appello di Milano, IV sezione civile, con la sentenza n. 1205/03 depositata l’8 aprile 2003. i Giudici hanno cosi respinto l’appello nei confronti della sentenza del tribunale di Milano del 20 settembre 2001, in merito all’impossibilità di ammettere al passivo un credito tributario non iscritto nei ruoli.
Secondo la corte d’appello, l’accertamento dell’esistenza del debito d’imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2 e 19 del Dlgs 546/1992, è questione di competenza non del giudice fallimentare, ma della giurisdizione delle commissioni tributarie. Di conseguenza, la corte ritiene che, essendosi il curatore opposto all’ammissione, non è possibile accettare il credito, neppure “con riserva” ai sensi dell’articolo 88 del Dpr 602/1973, poichè non è possibile alcuna valutazione sull’esistenza o meno dello stesso credito, considerato che, non essendo iscritto nei ruoli, non è impugnabile di fronte alla commissione tributaria.
Sullanecessità di notificare anche al curatore fallimentare gli atti impositivi dell’Amministrazione finanziaria, se i presupposti dell’accertamento tributario si sono realizzati prima della dichiarazione di fallimento, esistono ormai consolidati orientamenti (Corte di Cassazione, sezione Tributaria, sentenza n, 3427 dell’8 marzo 2002).
Inoltre, il Legislatore, a seguito delle modifiche introdotte con il decreto legislativo 46/99, ha riformulato l’articolo 88 del Dpr 602/73, prevedendo che: “Se sulle somme iscritte al ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva, anche se la domanda di ammissione è stata presentata in via tardiva a norma dell’articolo 101 della legge fallimentare”. Tale norma (Cassazione sentenza n. 7579 del 16 agosto 1996) si applica anche ai tributi indiretti.
Si attuan in questo modo il coordinamento tra i poteri del giudice tributario e quelli del giudice fallimentare in sede di verifica dei crediti. Infatti al giudice tributario spetta il potere-dovere di determinare l’entità del credito tributario. al giudice fallimentare spetta invece il portere-dovere di accertare l’esitenza di un titolo valito e opponibile, sia la concorsualità del credito tributario. La dichiarazione di fallimento non comporta attrazione in capo al giudice fallimentare della competenza a esaminare questioni in materia di imposta, che rimangono invece alla giurisdizione delle commissioni tributarie.
Per poter adire la competente commissione tributaria provinciale è necessario che si manifestino contemporaneamente due condizioni:-L’attribuzione di materia, sancita dall’articolo 2 del Dlgs 546/1992;
-L’individuazione dell’atto impugnabile, sancita dall’articolo 1, Dlgs 546/1992.
La definizione degli atti dell’Amministrazione finanziaria definitivi o impugnabili di fronte alle commissioni tributarie è quindi questione pregiudiziale per valutare l’ammissione da titolo definitivo o “con riserva” dei crediti del Fisco al passivo fallimentare. Qualora invece l’Amministrazione richieda l’ammissione al passivo di una procedura sulla base di atti non definitivi e non suscettibili di impugnativa di fronte alle competenti commissioni tributari, nessuna ammissione potrà essere disposta poichè il giudice fallimentare non è competente.
Christian Dominici