Crediti certificati, ma non compensabili

Il sole 24 ore-6/3/2004

Con la circolare 9/E del 2004 (si veda “il Sole 24 Ore del 4 marzo), l’agenzia delle Entrate ha fornito le prime indicazioni circa le modalità di emissione della certificazione dei crediti tributari prevista dall’articolo 10 del Dl 269/03.
Permangono, in relazione alle istruzioni emanate, alcune perplessita per gli operatori. Innanzitutto la circolare 9/E esemplifica l’attestazione con riferimento al solo caso in cui gli stessi Uffici abbiano già provveduto a emettere gli ordinativi di pagamento per il rimborso del credito del contribuente. Questa fattispecie rappresenta però solo una percentuale limitata della globalità dei rapporti in cui il contribuente possa invece vantare un credito nei confronti del Fisco.
La circolare non ha poi chiarito in quali termini debba essere emessa l’attestazione in tutti i casi in cui lo stesso contribuente sia da un lato titolare di un diritto di credito riconosciuto liquido ed esigibile ai sensi dell’articolo 10 del Dl 269/2003, ma sia anche contestualmente debitore nei confronti dell’Amministrazione, ad esempio per importi dovuti a seguito dell’emissione di cartelle esattoriali divenute definitive per mancanza di impugnazione. È infatti chiaro che in questi casi non sussiste di fatto alcuna esigibilità dei crediti tributari del contribuente, poichè l’amministazione non provvede ai rimborsi di imposta.
La circolare non ha chiarito né la necessità di evidenziare gli eventuali carichi pendenti del contribuente nell’ambito dell’attestazione ex articolo 10), né ha fornito soluzioni circa la possibilità che i crediti accertati ex articolo 10) possano essere compensati dal contribuente con i debiti d’imposta divenuti definitivi.
Il principio della compensazione dei crediti e debiti tributari è stato reso effettivo nell’ordinamento tributario sia dall’articolo 8  dello Statuto del Ccontribuente (legge 212 del 2000), sia dall’articolo 17 del decreto legislativo 241 del 1997.
Ai sensi dell’articolo 1243 del Codice civile, “la compensazione  si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili”.
Poichè il diritto di credito dell’Amministrazione finanziaria è diritto indisponibile, e che quindi nei casi in esame può operare soltanto la compensazione legale e non la compensazione volontaria, parrebbe, dalla lettura della circolare 9/E,  che un debito del contribuente divenuto definitivo per effetto di un atto impositivo dell’Amministrazione, non possa essere compensato con un credito di cui la stessa Amministrazione ha fornito attestazione ex articolo 10 del Dl 269/03. Quest’ultimo credito manca, infatti, dei requisiti di esigibilità  richiesti dall’articolo 1243 del Codice civile per operare la compensazione. Questa conclusione appare però incoerente con le finalità che il legislatore ha voluto probabilmente conseguire con la norma di legge. Infatti, seppure la certificazione ex articolo 10 non possa essere utilizzata, per espressa previsione di legge, nel processo esecutivo, il ricnonoscimento dell’esistenza e dell’insindacabilità del credito da parte dell’Amministrazione finanziaria, lascia all’Amministrazione stessa soltanto la possibilità di “decidere” il momento del rimborso del credito che  è ormai certo a tutti gli effetti.
la certificazione rilasciata ai snesi dell’articolo 20 del Dl 269/03 dovrebbe comunque avere effetti importanti nell’ambito delle procedure fallimentari, spesso rallentate a causa della difficoltà per la procedura a incassare i crediti tributari, per le quali potrebbe invece aprirsi a pieno titolo la possiblità di compensare crediti e debiti tributari precedenti al fallimento. Infatti le più recenti sentenze della Suprema corte hanno sancito che l’articolo 56 della legge fallimentare costituisce una parziale deroga all’articolo 1243 del Codice civile, ritenendo che è condizione per la compensabilità dei rapporti creditori e debitori, anteriorità al fallimento dei predetti rapporti e che non rileva invece la scadenza (e quindi esigibilità) alla data del fallimento del credito del fallito  (Cassazione, sentenza 8042/03).

Christian Dominici