L’articolo 10 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, in vigore dal 2 ottobre 2003, convertito con modificazioni ad opera dell’articolo 1 della Legge 24 novembre 2003, n. 326, prevede che, su richiesta del contribuente, l’Agenzia delle Entrate è autorizzata ad attestare la certezza e la liquidità dei crediti tributari.
La richiesta da inviare all’Agenzia delle Entrate competente per territorio può essere sia rivolta all’”accertamento” dell’intera posizione debitoria e creditoria del contribuente, sia circoscritta a particolari tipologie di crediti di cui si intenda chiedere l’attestazione.
La richiesta deve essere accompagnata dal versamento, effettuato a mezzo modello F23, con l’indicazione del codice dell’Ufficio destinatario, della somma di euro 12,40 (codice tributo 886T – tributi speciali per servizi resi dal Ministero delle Finanze) e della somma di euro 20,66 (codice tributo 964T) per tributi speciali.
A seguito delle modifiche introdotte in sede di conversione del D.L. 269/2003, l’attestazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate non è utilizzabile ai fini del processo di esecuzione e del procedimento di ingiunzione e l’Agenzia delle Entrate non è tenuta ad attestare l’esigibilità del credito, ma soltanto la “certezza e la liquidità” dello stesso e la “data indicativa di erogazione del rimborso”.
In questi giorni l’Agenzia delle Entrate di Milano ha emesso i primi certificati per l’attestazione dei crediti tributari vantati dai contribuenti che ne hanno fatto richiesta.
E’ rilevante notare che l’Agenzia delle Entrate sembra avere superato le formulazioni criptiche con le quali in precedenza veniva attestata l’esistenza di eventuali crediti. In particolare dalle formulazioni utilizzate dagli Uffici, non era mai dato comprendere se i crediti di cui l’Ufficio forniva informazioni, dovevano considerarsi soltanto vantati dal contribuente o anche effettivamente riconosciuti a debito dall’Ufficio.
Diversa, e maggiormente rispettosa delle innovazioni poste dallo Statuto del Contribuente (L.212/2000) in tema di rapporti tra contribuente ed amministrazione, appare invece l’impostazione assunta dall’Agenzia delle Entrate nella redazione delle prime attestazioni di crediti tributari ex art. 10 citato rilasciate in questi giorni.
In particolare, si legge nella certificazione rilasciata che “Viste le risultanze del sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria, si certifica che risultano spettanti i seguenti crediti d’imposta (…)”.
La formulazione utilizzata dall’Agenzia riconosce quindi non soltanto genericamente l’esistenza di crediti chiesti a rimborso, ma attesta anche la spettanza di detti crediti. In questo modo la certificazione si configura come vero e proprio “atto di riconoscimento di debito” da parte dell’Amministrazione.
Le conseguenze di tale atto non sono senza effetto, è infatti condivisibile l’orientamento espresso ormai in maniera unanime dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Corte di Cassazione, SS.UU., ordinanza n. 10725 del 22 luglio 2002) secondo cui qualora l’Amministrazione Finanziaria abbia formalmente riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso delle imposte e la quantificazione della somma dovuta, si che non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributaria o il quantum del rimborso, non ricorrono i presupposti di applicabilità della riserva della giurisdizione tributaria, di cui all’art. 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con conseguente esperibilità da parte del contribuente dell’ordinaria azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. e devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
Si deve ritenere che, sebbene l’attestazione del credito di cui all’art. 10 D.L. 269/2003 non possa essere utilizzata ai fini del processo esecutivo per espressa previsione di legge, l’attestazione costituisca comunque atto assimilabile al riconoscimento di debito che comporta l’assunzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario. Diverso sarebbe invece il caso in cui il credito vantato dal contribuente venisse riconosciuto come non spettante nella redazione da parte dell’Ufficio della dichiarazione ex art. 10, in questo caso permarrebbe la giurisdizione delle commissioni tributarie. Si rileva infine che nella certificazione resa, nonostante l’espressa previsione di legge, l’Agenzia delle Entrate non reca alcuna indicazione della data di presumibile erogazione del rimborso.
Christian Dominici